Lettera aperta: in occasione della nuova nomina il Disability Pride Italia scrive all’Assessore alla Cultura di Roma Capitale Massimiliano Smeriglio.
L’articolo 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ratificata nel 1948, sostiene che “ciascuno ha il diritto di partecipare liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici”. Oltre settant’anni più tardi, nel 2020, la Dichiarazione di Dresda ha messo in risalto il ruolo del teatro e delle arti performative come “potenti forme di espressione artistica che stimolano la riflessione, promuovono l’uguaglianza e la democrazia”, attribuendo alle arti una funzione non solo culturale, ma politica. Mentre l’articolo 30 della Convenzione dei Diritti delle Persone con Disabilità, che le Nazioni Unite hanno sottoscritto nel 2006, riconosce non solo il diritto delle persone con disabilità a partecipare alla vita culturale, ma anche il dovere delle entità statali di assicurare che ciò avvenga.
Il macrotema chiamato in causa da queste riflessioni è quello dell’accessibilità – fisica, percettiva, economica – dei luoghi della cultura, per quel che riguarda la partecipazione diretta ma soprattutto la possibilità per tutti di fruirne liberamente ed autonomamente.
La disabilità non è un tema da relegare esclusivamente al sociale, dinamica che invece continua tristemente a prevalere. Ancora oggi in ambito culturale si fa fatica a ragionare in termini di accoglienza e inclusione. Eppure esistono progetti e istituzioni attivi nell’eliminazione delle barriere – fisiche e non – che impediscono alle persone disabili di avere accesso alla creatività.
C’è ancora molta, forse troppa, strada da fare. Tantissime barriere – fisiche e mentali – costituiscono un serio impedimento per un pubblico di persone disabili rispetto all’accesso alla vita culturale.
in Europa l’87% delle sedi culturali e dei festival non coinvolgono persone disabili nelle commissioni di selezione o nella gestione; l’87% delle istituzioni culturali non adegua i propri materiali di comunicazione alle regole dell’accessibilità. E il problema si riverbera anche sulla fruizione: l’82% delle persone con disabilità dichiara di aver avuto difficoltà di accesso a eventi culturali per uno o più impedimenti non risolti all’origine dai promotori; il 73% di loro si è sentito discriminato se ha provato a partecipare.
E in Italia sono accessibili i luoghi della cultura?
Secondo il rapporto ISTAT “Conoscere la disabilità” nel nostro paese sono state individuate oltre tre milioni di persone disabili ma, nel settore artistico, l’assenza di accessibilità caratterizza ancora in modo rilevante l’Italia rispetto ad altri Paesi europei, e costituisce un evidente ostacolo alla partecipazione culturale: solo il 9,3% delle persone con disabilità va al cinema, a teatro, ai concerti o nei musei (contro il 30,8% dei non disabili). E conta sottolineare che, tra coloro che nonostante gravi disabilità svolgono attività culturali (sia come spettatori che come artisti, solo uno su tre si dichiara molto soddisfatto della propria vita”.
Alla luce di questi dati una doverosa lotta contro gli stereotipi e i pregiudizi, è doverosa a Roma e non solo.
E’ necessario avviare un percorso per sviluppare un circuito di esperienze pensati per aiutare le istituzioni culturali ad aprirsi alla disabilità”.
Urge promuovere una “nuova agenda culturale” fondata proprio sull’apertura alla disabilità, chiamando in causa decisori politici e operatori culturali per concretizzare un cambio di prospettiva, a vantaggio, e questo è un punto centrale, non solo di chi la disabilità la vive in prima persona, ma della collettività tutta, che dal contributo delle persone disabili alla vita culturale trarrebbe grandi benefici: favorire l’espressione di creatività è sempre una buona scelta, specie quando si sviluppa nell’alterità.
Come persone disabili amanti della cultura Ci confrontiamo continuamente con un mondo che non parla di noi, che non ha mai parlato di noi in altri termini che non fossero colorati dal pietismo o da un malinteso senso di eroismo.
il contrario della disabilità non è un corpo sano, è l’accessibilità, intesa come accessibilità ai luoghi e agli spazi ma anche ai contenuti che l’arte e la cultura offrono.
Ecco perché è urgente che siano le nostre voci, i nostri punti di vista a infiltrarsi negli immaginari diffusi per generare delle narrazioni altre, che mescolate con le voci già presenti nel panorama culturale contribuiscano alla creazione di un ecosistema in grado di accogliere le necessità e le esigenze di tutti, indistintamente dalle caratteristiche fisiche, sensoriali, mentali e psichiche.
Le barriere che vorremmo abbattere e che vorremmo venissero prese in considerazione sono soprattutto quelle culturali, quelle che impediscono a una persona con disabilità di immaginarsi spettatore e pubblico accedendo ai luoghi dell’arte, non tramite percorsi preferenziali, ma dall’entrata principale”. Ecco perché, per promuovere questa rivoluzione, come Disability Pride ci mettiamo a disposizione per dare il nostro contributo e fare la nostra parte.

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